Lavoro, Lavoro, Lavoro

È "...in prossimità che comincia la lettura: non più lo sguardo totalizzante, ... che coglie un tutto finito... comincia la lettura del movimento del procedere… La parola ‘lavoro’… significa ‘io lavoro’ e, nello stesso tempo, significa ‘lavoro’ sostantivo, cioe’ e’ simultaneamenete atto e risultato dell’atto, e’ verbo, percio’ movimento, e simultaneamente e’ cio’ che avviene in questo movimento.”    (Remo Gaibazzi)

Nei beni che compriamo e 'consumiamo' vediamo oggetti che aumentano il nostro comfort o che ci aiutano a creare l'immagine di noi stessi che cerchiamo più o meno inconsciamente di proiettare. Spesso non riflettiamo sul fatto che essi sono il prodotto di un'azione umana e incarnano un processo di trasformazione, un tempo-lavoro. Un'azione che non vediamo, ma che possiamo intravedere se guardiamo con sufficiente attenzione.

Ho preso alcuni tessuti e sono 'entrata' tra gli intrecci delle fibre che li compongono. Ed ecco che l'oggetto ha cessato di essere solo la cosa che era e ha parlato di un' azione che può essere percepita, attraverso la luce che filtra, nel movimento apparente e nelle irregolarità degli schemi ripetuti di forme astratte e decontestualizzate; un’azione che è suggestiva del tempo-lavoro che quelle forme ha plasmato.

Questo progetto è liberamente ispirato al lavoro del pittore italiano Remo Gaibazzi (1915-1994, https://www.remogaibazzi.net/archivio/) che negli ultimi quindici anni della sua vita ha realizzato dipinti ripetendo ossessivamente la parola lavoro (nell'accezione sia di verbo sia di sostantivo) espressa con tecniche, colori e strutture geometriche differenti. Il risultato sono forme astratte, spesso riminiscenti di lavori di tessitura, in cui la parola costitutiva, lavoro, fornisce sia la fonte del pattern che il significato del segno artistico - una parola che può solo essere vista in prossimità del dipinto.

Così come nella produzione di beni, nell'arte ciò che unisce l'atto e il risultato dell'atto è il tempo, il tempo-lavoro: "l’arte nella sua storia ha sempre rinnegato d’essere lavoro, perche’ voleva essere un’espressione piu’ alta" (Remo Gaibazzi).