All'improvviso, Covid-19 ha portato grandi cambiamenti nelle nostre vite. Per paura di un nemico di cui sapevamo ben poco, ci siamo chiusi in casa. In un attimo, abbiamo dovuto rinunciare a molte delle nostre attività e azioni quotidiane che avevamo dato per scontate hanno dovuto essere ridefinite all'interno dei nostri stretti confini domestici. Il lockdown è stato questo: un periodo quasi surreale di isolamento fisico, di scoperta di una nuova quotidianità dall'interno di una casa riesplorata e percepita sia come fonte di protezione che come vincolo. E laddove proteggeva la maggioranza dalle infezioni, l'isolamento segnava l'inizio di un crescente senso di insicurezza e, per molti, di difficoltà economica. Nelle fotografie del lockdown, all'interno della casa, l'istinto è stato quello di non includere la persona, se non in modo "obliquo" - siamo presenti negli oggetti simbolici di nuove azioni, nell'infinito riesame di angoli familiari durante le ore passate a leggere o a lavorare dallo studio o dal salotto, in una socializzazione mediata da tablet e smartphone. Se uscire era anche una ricerca di normalità, di ritrovata vicinanza e socializzazione, il nostro rapporto con il mondo esterno è stato ridefinito dal simbolo della pandemia: la mascherina, il nostro nuovo filtro, strumento insieme di protezione e restrizione.